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Europa dove sei?

E' mezzanotte quando davanti al pulmann che ci condurrà a Perugia, scorgo le prime facce e resto come sbigottita.

Un folto gruppo, proveniente da Zapponeta (Foggia) di donne di una certa età ci avvicina e si presenta, io sono con Gabriella, ci conosciamo da poco.

Abbiamo mangiato una pizza insieme e un gelato nell'attesa dell'orario di partenza.

Viene da Orta Nova, ha studiato Giapponese all'Orientale di Napoli e mi racconta che, a trent' anni, non sa come spendere la sua laurea. E' andata persino a Milano, ma è dovuta ritornare.

Io le racconto un po' di me, ma come sempre mi piace ascoltare.

Durante la marcia saremo sempre insieme, a ridere io nel guardarla stravolta dalla stanchezza sotto l'ombrellino per proteggersi dal sole e lei a pazientare delle mie lamentale per terrificanti dolori ai piedi.

Entrambe abbiamo sbagliato il tipo di scarpa e il peso dello zaino, qualcosa già ci accomuna, oltre alla passione per i Diritti Dell'Uomo e la Pace.

Mentre chiacchieriamo e procediamo ora lente, ora un po' più spedite, Gabriella sta già pensando al Cammino di Santiago, mentre io anelo invece soltanto di arrivare alla Rocca di San Francesco, che scorgo da lontano durante il tragitto e che come una chimera ad ogni passo mi sembra irraggiungibile.

La marcia è lunga, 24 chilometri, di cui tanti portati a reggere lo striscione di Amnesty International, a chiacchierare, a scambiarsi consigli con gli altri pacifisti e a ricevere tè caldo da qualcuno che come te si butta seduto di lato alla strada, all'ombra, fotografa, scherza, prende fiato, ride.

Io mi vado ripetendo che ci vorrebbe più musica in ogni tratto del tragitto, la musica ti restituisce un sacco di carica, non ti fa sentire la fatica, ti tiene allegro.

Tra le tante persone che sono un nugolo colorato in continuo movimento c'è chi si ferma a Bastia Umbra per seguire il palio, chi una volta arrivato a Santa Maria degli Angeli sale alla rocca con l'autobus messo a disposizione dagli organizzatori.

C'è chi si infila ad un certo punto della marcia e risparmia un sacco di chilometri.

Barbara è di Foggia anche lei, ci conosciamo in pullman, ma procede all'inizio così rapida che ci perdiamo, per scoprire poi che alla fine in cima lei non ci è arrivata, come tanti e come moltissimi che invece hanno invaso Assisi.

Assisi è silenziosamente accogliente, con la sua architettura, con quel suo ergersi maestosa su di un cucuzzolo e guardarti durante gran parte del tragitto.

In piena arsura un ragazzo mi offre un tè bollente, dice che lo zucchero è quello che ci vuole per continuare, bevo il mio tè che trovo amarissimo e scherzo. E' simpatico e vitale come un po' tutti noi e chiarisce subito alla mia esuberanza che anche la moglie è di Foggia. Io rido divertita, facciamo foto e proseguo con Gabriella.

Ad un certo punto della marcia incrociamo un anarchico con la sua bandiera che avanza orgoglioso da solo, con degli anelli originalissimi e i capelli lunghi.

I pit stop, come li chiama Barbara, sono divertenti, colazioni equosolidali.

C'è di tutto, persino il pediluvio e il bagno nella fontana del paese.

La gente batte le mani, gli scout cantano, gli striscioni sono belli, colorati e divertenti e c'è un esercito di fucili di cartone che sparano fiori.

Siamo in cinquantamila, fotografatissimi.

Io ho indossato la maglia di Amnesty verde con la scritta “We want Human rights” e porto il numero 500.

500? Certo, 500!

Con la mia maschera bianca in viso e il mio numero 500 rappresento uno dei 1500 profughi che dalla Libia sono morti mentre cercavano di raggiungere il Mediterraneo e lo striscione che porto e con il quale avanzo reca la scritta “Europa dove sei?”

E' quello che ci domandiamo tutti, senza distinzioni.

Europa dove sei?

Fernanda Caruso